2° Classificato

IL QUESITO DEL GABBIANO

Ariel Traini


Tanto tempo fa, tra il cielo e il mare, volava solitario un gabbiano dalle candide piume. Dall’esterno sembrava un consueto gabbiano, ma in cuor suo egli era tormentato da un quesito: “Io chi sono? Sono una creatura del cielo o del mare? Per spostarmi io volo tra le bianche nuvole grazie alle mie maestose ali, ma per nutrirmi mi poso sullo specchio cristallino del mare e vi immergo il becco. Dunque cosa sono?”. Il povero gabbiano non si dava pace e continuamente tormentava il suo animo con questa domanda, non riuscendo mai a trovare una risposta.
Era disperato.
Affranto.
Un giorno, mentre nuotava agile sulla superficie dell’acqua in cerca di cibo, avvistò un pesciolino color arancio e si avvicinò per catturarlo nel suo becco. Prima di riuscirci però questo gli parlò:
“Oh gabbiano vagabondo, ve ne prego non mangiatemi! Darò voi qualunque cosa desideriate in cambio” piagnucolò il pesce. Il gabbiano si fermò a riflettere.
Cosa potrei chiedere a questo pesciolino?
“Così sia, io non ti mangerò se tu risponderai alla mia domanda: io, gabbiano, sono una creatura del cielo o del mare?” domandò egli. Il pesciolino allora ci pensò su per un po’ e finalmente rispose:
“Tu agile gabbiano, sei indubbiamente una creatura del mare! Ti muovi lesto nell’acqua quasi più di un pesce e ti nutri delle creature che vi abitano.” Il gabbiano, non soddisfatto come si aspettava, spiegò le imponenti ali e se ne andò senza dire nulla.
Aveva ottenuto una risposta, ma si sentiva ancora vuoto e incompleto.
Qualche tempo dopo, mentre volteggiava agile nel cielo, il gabbiano si imbatté in un suo simile. “Salve compagno” lo salutò l’altro uccello. “Conosci per caso un posto dove i banchi di pesci sono abbondanti? Sono molto affamato, ma il mare sembra vuoto ultimamente.” proseguì egli.
“Certamente, ne conosco a bizzeffe di luoghi brulicanti di pesci. Ti indicherò la via soltanto se tu risponderai ad un quesito: noi gabbiani siamo creature del cielo o del mare?” disse dunque il gabbiano.
“Che domanda sciocca! Ovviamente siamo creature del cielo! Ci muoviamo fulminei tra le nuvole con le nostre ampie e candide ali. Voliamo sopra i cieli delle spiagge e rubiamo il cibo degli umani. Siamo i padroni del cielo!”. Il gabbiano non fu affatto soddisfatto della risposta ricevuta. Indicò, come promesso, la via all’altro uccello e poi volò via affranto.
Riuscirò mai a capire chi sono?
Troverò mai il mio scopo?
Una mattina, mentre volava senza meta, il gabbiano avvistò in lontananza una nave e decise di avvicinarsi. L’imbarcazione era molto imponente e massiccia: fatta di legno robusto, aveva un’enorme vela bianca stesa per intercettare il vento e sulla prua una figura metà donna e metà pesce dai dolci lineamenti. Il gabbiano si posò leggiadro sulla nave. Mentre era intento ad infilare il
becco qua e là in cerca di cibo, una voce stridula lo fece sobbalzare: “Tu lurido uccellaccio! Finiscila di rovistare in giro e vola via dalla mia nave!”. Il gabbiano si voltò in direzione della voce: era un pappagallo dalle piume variopinte che aveva appena parlato. Era chiuso in una gabbia angusta.
“Cosa fai ancora lì impalato a fissarmi? Ti ho detto di sparire!” gracchiò arrabbiato il colorato pennuto.
“Per quale ragione, grazioso pappagallo, siete rinchiuso in una stretta gabbia?”
Il pappagallo si fece subito cupo e replicò:
“Lo ignoro. I marinai che governano questa imbarcazione mi hanno strappato via dalla mia famiglia e rinchiuso qui.”
“Io posso liberarvi, se lo desiderate” disse allora il gabbiano. “Ma in cambio voi dovrete rispondere al seguente quesito: io sono una creatura del cielo o del mare?”
Il pappagallo scoppiò subito a ridere.
“Cosa c’è di così ilare?” domandò il gabbiano infastidito.
“Trovo esilarante che uno sporco e insulso gabbiano si ponga una domanda del genere!” replicò il pappagallo tra una risata e l’altra. Il gabbiano si voltò intento a volare via, ma il pappagallo lo fermò:
“Aspetta, uccellaccio. Io conosco la risposta alla tua domanda.”
“Davvero? Parlate allora!”
“Tu, piccolo ladruncolo, passi la tua vita tormentato da questa domanda come uno sciocco. Non sprecare tutta la tua esistenza a cercare un’etichetta da attribuirti; vivi piuttosto! Tu sei un Gabbiano: un uccello del cielo, del mare e di tutto ciò che vuoi! La vita è breve, non sprecarla.”
Al gabbiano brillarono gli occhi.
Aveva capito.
Aveva finalmente capito chi era: ciò che voleva essere.
Dentro di lui si diffuse una sensazione mai provata: si sentiva vivo e felice.
“Coraggio gabbiano adesso liberami!” ordinò l’uccello. Il gabbiano lo fece. Il pappagallo stava per spiegare le ali e volare via, quando il gabbiano lo fermò: “Vi ringrazio, colorato pappagallo, per avermi fatto capire chi sono: un Gabbiano.”
“Non c’è di che, uccellaccio.” replicò il pappagallo prima di prendere il volo.
Il Gabbiano, finalmente rasserenato, restò ad ammirare quell’uccello variopinto volare verso l’orizzonte finché non si ridusse ad un misero puntino colorato nell’immensità dell’azzurro cielo.