3° Classificato

IL CORAGGIO DI PARTIRE

Kobob Scarpa


“Adam ci sono io con te, dammi la mano!” sussurrò, guardandolo dritto negli occhi. Si sentiva meglio ora. Si alzò, le diede la mano e disse “Ok, partiamo”.
Era un martedì pomeriggio e Adam era appena tornato dalla biblioteca comunale quando aveva deciso di fare un giretto nella sua soffitta.
Si era messo in testa di cercare il suo vecchio campanello per la bici che tentava di trovare da tanto: aprì scatole, scatoloni e altre cianfrusaglie di suo zio. Sentiva il suo naso pizzicare per l’odore di muffa e di polvere che emanavano quegli scatoloni. A un tratto trovò una piccola scatola rossa di velluto che sprigionava anch'essa un forte fetore di vecchio. Adam, incuriosito, decise di aprirla e intravide un oggetto che a lui piaceva veramente tanto. Una bussola. Ogni sabato, Adam e suo padre per andare al molo passavano davanti al negozio di attrezzature per montagna e ogni volta Adam si fermava davanti alla vetrina per osservare quella bussola, ma suo padre non le la volle mai comprare, “Quando sarai grande” diceva. Ma non fece in tempo a comprargliela. Era marrone e pareva un poco arrugginita. Aveva il vetro appannato di polvere, e nel seguire l’ago della punta rossa sembrava di vedere attraverso la nebbia. Sulla schiena della bussola invece, c’era attaccata una piccola mappa. Era così rovinata che pareva fosse stata versata su di essa una tazza di caffè. Più sotto ancora c’era incisa, come un tatuaggio, una scritta. Adam non riusciva a leggerla perché era in francese, riportava queste parole: “Pour le mon grand ami de la mer”. Scendendo ancora con il dito, passò sopra a un’annata incisa: 1975. Forse era l’anno di costruzione, pensava. Dopo averla esaminata per un bel pezzo, Adam saltò alla conclusione che sembrava essere un po’ rotta perché mancava una freccia.
Sentì la voce isterica di suo zio: “È pronto Adam, muoviti, che poi devo uscire!”. Pensò che fosse meglio scendere in fretta, anche se avrebbe preferito certamente rimanere lì con la bussola, piuttosto che andare a mangiare del cibo surgelato con suo zio, che tra l’altro non diceva nemmeno una parola.
Subito dopo la burbera cena con suo zio, Adam salì nella sua camera, chiuse la porta e si mise a pancia in su, a meditare su quanto sarebbe stata contenta Mia nel vedere quello che aveva appena trovato in soffitta.
Il giorno seguente, dopo scuola, Adam si trovò in gelateria insieme a Mia, e i due discussero a lungo sulla bussola e la mappa.
Adam era eccitato all’idea di andare a vedere fin dove li conducesse la mappa, e Mia non ci pensò due volte a rifiutare un'avventura come questa, dopotutto era con Adam quindi…
Ma allo stesso tempo Adam continuava a pensare che fosse un’idea del tutto stupida partire.

La mattina della partenza i due ragazzi si trovarono a casa di Mia verso le 5.30, l’inizio del loro viaggio.
Adam raggiunse la sua casa e vide l’amica che lo aspettava fuori in cortile. Mia era riuscita a scendere le scale senza farsi scoprire dai suoi e dopotutto non era una missione così complicata, i suoi, infatti, non facevano altro che dormire e guardare la TV.
I due si sedettero sui divanetti del cortile. “Mia, sei sicura che dobbiamo partire?”, chiese Adam mentre si toccava a una a una la punta delle dita con l’altra mano.
“Sì, Adam, sono sicura al cento per cento, insieme ce la si fa sempre”, rispose Mia con un sorriso di conforto.
Nel frattempo stava ricontrollando la lista puntata delle cose da portare. Adam, invece, aveva uno sguardo serio, fisso e le sue sopracciglia erano aggrottate.
Aveva l’indice della mano destra tra i denti e si stava mangiando l’unghia. Al contrario la mano sinistra era sulla parte anteriore del collo. Se lo stringeva forte come una persona che tentava di strozzare qualcuno. La sua faccia era ormai diventata paonazza. Mia si alzò dalla poltrona di scatto, andò di fronte ad Adam e gli disse “Respira”. La sua voce era seria, determinata e sembrava quasi una minaccia. Poi Mia prese le mani di Adam con forza e le tolse dal collo. Adam cominciò a fare dei gran respiri e poi disse solamente “Grazie Mia”. Dopo aver preso gli zaini i due si misero in cammino verso l’ignoto. Quell’ignoto che ad Adam incuriosiva e lo stesso che ad Adam terrorizzava.
Si fermarono per una sosta, si sedettero su una panchina ed entrambi si misero a osservare il mare: calmo e piatto.
Mia fissò per un po’ di secondi Adam, si accorse che stava ansimando e che i suoi respiri erano sempre più veloci. “Tutto okay?”, gli chiese Mia. “Sono un po’ accaldato, ma sì, sto bene”. Lei gli porse una mano sulla spalla per rassicurarlo e lui piano piano scoppiò in lacrime. “Adam ascoltami, se vuoi dirmi cosa ti senti sappi che io son pronta ad ascoltarti”. Adam rispose singhiozzando ripetutamente: “È che, guardando il mare non riesco a pensareche una bellezza così quieta e serena abbia potuto portarmi via mio padre.”
A Mia si riempirono gli occhi di lacrime e lentamente scesero due lacrime. Due lacrime piene di comprensione e ricordi del passato.
Dopo un po’ Adam si calmò e i due ripresero il viaggio. Il sole stava tramontando e il cielo si era dipinto di un arancione vivo, e il sole era a metà: metà nel cielo e metà sotto al mare. Gli unici rumori che sentivano erano quelli del lieve vento e del frinire dei grilli, il suono dell’estate.
Adam e Mia camminarono ancora sotto le stelle, seguendo la mappa. Poi trovarono uno spiazzo, presero i sacchi a pelo e si addormentarono con il suono del mare in lontananza.
“Buonanotte Adam”, disse Mia con voce soave, “Notte Mia”. Si sentì rispondere dall’altro lato. Dopo un’ora Adam era ancora sveglio e era girato verso Mia. Osservò i suoi occhi chiusi e pacifici e sentì che il suo respiro era regolare. “Non proverà mai lo stesso sentimento che provo io, mai”. Pensava tra sé, sentiva il suo cuore sgretolarsi lentamente in mille frammenti.
***
La mattina seguente i due si svegliarono presto, poi fecero colazione con dei biscotti portati da casa. Adam si era svegliato felice e non vedeva l’ora di continuare il viaggio.
Orientarsi con la bussola e una mappa per Mia era molto semplice. Era lei che guidava il loro viaggio. Fin da piccola partecipava insieme a sua sorella al circolo comunale degli scout, ma dopo che Isabel cominciò le terapie insieme alle altre ragazze dell’ospedale, smise anche lei, concentrandosi di più sullo studio. Per questo Adam si sentiva un po’ in imbarazzo: solitamente erano gli uomini a guidare i viaggi, non le donne.
Decisero di fare un giro in città, per vedere qualche vetrina e provare a chiedere a qualcuno se conoscessero indicazioni per arrivare alla croce segnata sulla loro mappa. Ma nessuno li seppe aiutare, d’altronde molte famiglie erano ormai al Sud, a fare vacanza.
A un tratto venne loro l’idea di andare in biblioteca comunale perché magari lì avrebbero potuto trovare una cartina dell’isola più dettagliata.
I due andarono fino alla soglia della porta dell’edificio e si promisero di fare silenzio una volta entrati.
La biblioteca aveva il pavimento di marmo marrone e bianco, e sembrava quasi di stare sul ghiaccio da quanto era liscio e scivoloso. Poi si divisero i compiti. Adam sarebbe andato a cercare le cartine sugli scaffali alla loro destra, mentre Mia quelli sulla sinistra. Cercarono delle cartine per circa mezz’ora e poi si sedettero su un tavolino.
“Hai trovato qualcosa, tu?”, chiese Mia con voce piena di speranza. “Sì! Una cartina che forse ci può essere utile”. Guardarono e studiarono per un po’ le carte mettendole a confronto tra loro. Alla fine tirarono le conclusioni e Adam finalmente capì dove si trovava la croce rossa.
Conosceva quel posto perché suo padre una volta lo portava lì ogni sabato prima che se ne andasse.
Mia e Adam decisero di prendere il bus, perché erano distrutti dalla camminata del giorno precedente.
Una volta presi i biglietti aspettarono per circa cinque minuti il bus e poi finalmente arrivò.
La strada era trafficata, ma soprattutto c’era odore di smog e Adam detestava tutto ciò. Per questo quando lui la mattina doveva andare a scuola non prendeva mai il bus, ma si faceva il tragitto in bici. Per lui gli autobus erano dei mezzi sporchissimi e poi ogni volta che ci saliva si sentiva soffocare. Mia si fece spazio tra le persone tirando continuamente gomitate e ricevendo in cambio delle occhiate fulminanti dagli altri passeggeri; Adam invece sembrava più a disagio. Infatti si limitò solo a farsi piccolo per riuscire a passare e seguire Mia.
Dopo venti minuti scarsi arrivarono alla meta. Era mezzogiorno e tirava una forte brezza, i capelli di Mia volavano da tutte le parti. I due si dissero di andare lungo la costa.
Il faro era parecchio alto, ma anche parecchio vecchio. Accanto sorgeva un’umile casa: aveva le pareti bianche e il tetto rosso, ma di un rosso spento, triste e vecchio.
“Adam, ma che facciamo ora? La croce segna il faro, ma dove dobbiamo andare adesso?”, disse Mia. “Non lo so, però potremmo provare a chiedere una mano al guardiano del faro”. rispose Adam. I due allora decisero di bussare alla porta dell’edificio. Bussarono ben tre volte e nessuno aprì. Alla quarta bussata si sentì disserrare la porta e uscì un vecchio signore. Aveva un barbone grigio, le labbra piccole e i suoi occhi erano celesti, ma tendenti al grigio ghiaccio.
Era vestito sportivo, con dei pantaloni scuri e una polo bianca. Aveva l’aria di uno che non teneva molto all’aspetto esteriore.
“Chi siete e che volete?”, chiese il vecchio, scorbutico. “Sappiate che se volete vendermi qualc...” , “No, no, non le vogliamo vendere nulla, volevamo ehm… ecco… noi” “Volevamo solamente chiederle se questa bussola le appartenesse”, continuò Mia, vedendo Adam in difficoltà. Adam prese la bussola dalla tasca dello zaino e la mise sotto gli occhi del signore. Lui la prese e la studiò per ben cinque minuti. Poi la girò sul retro e passò il dito sopra la
scritta che Adam non era riuscito a leggere. “Per il mio grande amico di mare”, disse a voce
bassa il signore.
Poi alzò gli occhi verso i ragazzi e disse “Entrate”.
Aprì la porta e si fece seguire.
***
Come in tutti i fari la scalinata era a chiocciola, aveva gli scalini alti e corti, e si sentiva il legno scricchiolare sotto i piedi.
Arrivarono in una stanza spaziosa dalla quale si aveva tutta la vista sul mare mosso.
Il vecchio fece segno ai ragazzi di sedersi. Lui, invece, prese due bicchieri e vi cominciò a versare del tè. Poi si sedette anche lui.
“Piacere Adam”, disse “Sono Robert Wood, un grande amico di tuo padre””
Adam era molto confuso e non si sarebbe mai e poi mai aspettato di avere a che fare con un amico di suo padre.
Ci fu una breve pausa di silenzio, poi il signor Wood disse: “Vi aspettavo, sapevo che sareste arrivati prima o poi, ma non mi aspettavo così presto, in fondo siete ancora bambini, no? Quanti anni avete?” “Tredici”, risposero i due ragazzi in coro, sorridendo poi tra di loro.
Il vecchio cominciò a mordersi il labbro inferiore e tamburellò le dita delle mani sulla tavola. Adam e Mia si guardarono con aria disorientata.
A un certo punto Wood tirò la sedia indietro e si alzò di scatto. Andò verso la postazione di controllo del faro, aprì uno sportello e ne tirò fuori una scatola di velluto blu.
Poi si risedette al tavolo e fissò di nuovo i ragazzi. Di nuovo silenzio.
Ad Adam non piacevano queste pause di silenzio. Abbassò lo sguardo e lo diresse verso la tavola. Cominciò a muovere freneticamente la gamba, finché il signore non gli lanciò un’occhiataccia. Il labbro inferiore era all’interno della bocca e se la stava mordendo con i denti. Sembrava quasi volesse farsi uscire del sangue. La sua mano invece era posizionata sul suo collo e continuava a strofinare la mano. Pareva un gesto affettuoso di una madre che consola suo figlio. Ogni tanto Adam alzava lo sguardo verso Mia per vedere come stava ma, come lui, aveva lo sguardo serio e rivolto verso il basso.
Intanto erano le sei di pomeriggio e il sole stava per tramontare. Il vecchio fece scivolare la scatola di velluto fino ad Adam. Una volta che l'ebbe tra le mani esclamò: “Aprila”. Lui lo guardò per un attimo e poi eseguì le indicazioni.
La scatola di velluto ricordava ad Adam lo stesso odore di vecchio della bussola. Finalmente la aprì e vide un piccolo quaderno. Un diario. Era marrone, ed aveva molte pagine, ma tutte rovinate e ingiallite.
Adam notò che sopra il diario c’era un’etichetta: “William Brown”. Mia guardò Adam per vedere la sua reazione: aveva occhi e bocca spalancati.
“Ma, ehm, è di mio padre?”, chiese a Wood con voce debole e lacrimosa. "Sì, era il suo diario di bordo, me lo hanno portato i soccorritori quando hanno perlustrato il rimanente della nave, volevo lo vedessi, dopotutto è sempre tuo padre.” Fece una pausa e poi ricominciò a parlare “Però sei tu a decidere se aprirlo, sei tu che ti devi sentire pronto, sennò lo leggerai quando sarai cresciuto, ragazzino.” Adam si voltò verso Mia per avere un parere dalla sua migliore
amica. Mia si alzò di scatto e aprì le braccia, Adam si alzò a sua volta e i due si abbracciarono per alcuni secondi. Poi Mia prese le mani di Adam e gli chiese: “Tu cosa vuoi?”. Lui ci pensò un attimo e poi rispose con voce sicura: “Apriamolo insieme.”
Il vecchio fece un piccolo ghigno e se la rise sotto la folta e bianca barba. I due cominciarono a sfogliarlo. All’interno delle pagine c’erano varie lettere e disegni che per loro erano incomprensibili.
Poi Mia si accorse di un segnapagine rosso che penzolava fuori dal diario. “Adam guarda, c’è un segnapagine, prova ad andare alla pagina indicata”. Adam fece segno di sì con il capo e andò alla pagina segnata.
“Per il mio caro figlio Adam” Quando lesse quella frase, ebbe un sussulto, rabbrividì. Si sedette comodo e si immerse nella lettura della lettera.
Alcune cose, a volte, devono rimanere sospese e non sempre per andare avanti bisogna conoscere tutti i dettagli, ma posso assicurarvi che dentro Adam si scatenò quel sentimento che sentiva solo quando ripensava alle giornate sugli scogli assieme a suo padre. Quella forte emozione di quando andavano a veleggiare lungo le coste dell’isola. Era sereno. Come il mare dopo una tempesta. Sentiva come se il padre fosse lì vicino a sé. Aveva il cuore che gli batteva all’impazzata.
Ad Adam scesero alcune lacrime e se le asciugò con il dorso della mano, ma sorrideva e, nel mentre, teneva stretta la mano di Mia.
Finì di leggere la pagina e ormai aveva quasi finito anche le lacrime, non riusciva a credere che quello che aveva appena letto fosse vero. Anche il signor Wood si commosse un po’, ma non volle mostrarlo troppo.
“Venite fuori” disse lui, con voce rauca e sottile. Ormai c’era il tramonto e il cielo si era colorato di mille sfumature di rosa e arancione. Andarono tutti sulla terrazza. Restarono per un po’ di minuti zitti, senza dire una parola come ormai li aveva abituati quel vecchio, ma questa volta Adam non disturbò la pausa di silenzio, è come se adesso avesse bisogno di riflettere un po’ su quello che era appena successo. Il vecchio tirò fuori dal tascone dei suoi pantaloni un grande mazzo di chiavi. Anche a Mia erano cominciate a scendere delle lacrime.
“Adam”, disse Wood singhiozzando, questa volta non nascondendo i sentimenti “Queste è giusto che siano tue, le chiavi del Grande Faro, quando vuoi puoi venire qui da me, e ai tuoi diciotto anni sarà tutto sotto il tuo controllo”. Adam ora era veramente felice. Adam abbracciò Wood poi lui corse a stringere anche Mia.
Ormai fuori era buio e i ragazzi decisero che era ora di prendere il bus e tornare a casa. Andarono alla fermata, e poi Mia appoggiò la sua mano sulla spalla di Adam e gli disse: “Senti, dovremo aspettare il bus ancora per venti minuti. Andiamo a farci un bagno!” “Andiamo”, rispose Adam, pensando che forse quella fosse una buona occasione per affrontare il suo grande nemico Mare.
Camminarono verso la spiaggia e dopo cinque minuti vi ci arrivarono. Era ormai notte e il cielo stellato sembrava quasi essersi addormentato anche lui da quanto fosse dolce e armonioso. Le stelle, invece, avevano abitato il cielo come la fauna marina l’oceano.
“Gara a chi arriva prima al mare!”, esclamò Mia. Adam non fece neanche in tempo a rispondere che lei stava già correndo. Fecero un piccolo bagno con l’acqua che era calma e calda. Poi si sedettero sulla riva, misero i piedi nel mare. Mia appoggiò la testa sulla spalla di Adam, si fermarono a osservare il cielo. A un certo punto ad Adam si fermò di colpo il cuore, come un’auto che si schianta addosso a un’altra. Era meravigliato da quel cielo pieno di stelle, era lo spettacolo più bello che avesse mai visto. Si sentiva come se avesse visto per la prima volta un cielo di notte, e un po’ lo era. Era la prima volta che osservava il cielo in silenzio, senza parlare, con solo il fruscio delle onde in sottofondo. Ma soprattutto accanto a lui c’era una persona a cui voleva bene, forse un po’ più solo bene. La prima persona con cui aveva provato dei nuovi sentimenti, e la prima persona che non l’aveva mai abbandonato.
“Mia, guarda, una stella cadente!” “Vai, esprimiamo un desiderio.” “Assieme”, disse Mia.
I due si presero la mano, si guardarono dritti negli occhi e sussurrarono in coro: “Che non ci dimentichiamo mai uno dell’altro”.