Al principio poche certezze, lampi di ricordi, molti dei quali non era nemmeno sicura fossero i suoi.
Aveva superato l’infanzia solo grazie alla speranza che fuori da casa sua le cose funzionassero diversamente. Si sbagliava.
Il suo primo amore fu l’anoressia, a soli quattordici anni divenne un calcolatore umano di chilocalorie, una macchina programmata per il raggiungimento della perfezione.
Fu proprio quell’ideale di perfezione a condurla poco per volta in quella stanza d’ospedale che per mesi sarebbe diventata la sua “casa”.
Isabel aveva sempre avuto un debole per ciò che le procurava dolore, forse proprio per questo finì tra le braccia di Samir.
Lo conobbe una sera al fiume, durante l’estate dei suoi sedici anni, per uno strano gioco del destino.
Ai tempi era ancora parecchio sottopeso, prendeva le maltodestrine con l’acqua per compensare ciò che non riusciva a mangiare e i capelli le stavano ricrescendo.
Era passato troppo poco tempo dall’ultimo ricovero, non era ancora pronta a far conto con le domande altrui, con gli sguardi giudicanti o, peggio ancora, di pietà.
Sua sorella Giulia dovette praticamente trascinarla fuori dal letto.
In paese nulla era cambiato dall’ultima volta in cui aveva avuto il coraggio di andare oltre il cancello di casa: le ciliegie sugli alberi, le strade di ciottoli… e poi il fiume, quel fiume che da bambina aveva tanto amato.
Era rimasto tutto lo stesso, tranne lei.
Fu allora, mentre guardava l’acqua scorrere persa tra i ricordi, che lo vide arrivare, con i capelli scompigliati e i piedi scalzi.
Aveva gli occhi buoni ed il sorriso dolce, ma anche lo sguardo di chi si porta dietro un passato complicato.
Isabel lo capì subito: quel tipo strano era “rotto dentro”, proprio come lei.
Da più di un anno non aveva rapporti con nessuno, ma dopo aver incontrato lo sguardo con quello di lui ebbe la certezza che qualcosa dentro di lei si stesse smuovendo e, proprio per questo, decise di prendere coraggio e si avvicinò.
Ciò che successe nei mesi seguenti fu qualcosa che nemmeno loro due saprebbero spiegare senza definirlo l’errore più bello della loro vita: due anime spezzate riescono a sconvolgere ogni cosa quando si incontrano.
Se molte cose di Samir furono chiare a Isabel fin dal primo incontro, scoprirne altre fu come vedere “un fulmine a ciel sereno”, non si aspettava di certo che dietro quell’animo da bambino si celasse un passato di traumi e dipendenze. Nonostante ciò Isabel decise di restare e iniziò a passarci più tempo che poteva, scoprendo ogni giorno qualcosa in più su di lui, qualcosa da cui avrebbe voluto salvarlo.
Vivevano in un paese piccolo, dove nulla passava inosservato, la relazione tra quei due ragazzi considerati “diversi”, “malati”, divenne ben presto ben presto il centro di ogni conversazione.
Di Samir la gente conosceva gli sbagli commessi in passato e i genitori disastrati che lo avevano cresciuto, motivazioni che per il padre di Isabel bastarono per decidere che quel ragazzo sarebbe dovuto sparire per sempre dalle loro vite.
Era un uomo particolare, dal passato turbolento.
Non aveva mai accettato la malattia di Isabel, per lui vedere in ospedale quella figlia sulla quale aveva riposto così tante aspettative era stato troppo.
Dopo un’intera esistenza passata a cercare di non cadere in errore per non essere giudicato, non poteva sopportare l’idea che Isabel mettesse in ridicolo la sua famiglia.
Cercò di dissuadere Isabel dall’idea di continuare la frequentazione con Samir, ma conosceva bene sua figlia, sapeva benissimo che farle cambiare idea non era una cosa possibile.
Capì in quel momento che l’unica opzione a rimanergli era quella di parlare con Samir.
Di quell’incontro Isabel venne a conoscenza molto tempo dopo, ma i dettagli non le vennero mai raccontati.
Dal giorno dell’incontro con il padre di Isabel, Samir cambiò profondamente, si allontanò da lei, rifugiandosi di nuovo nel suo limbo fatto di alcol e lacrime, droghe e prostitute.
L’unica spiegazione che Isabel riusciva a darsi era di non meritare dalla vita tutto quell’amore, aveva avuto la sua piccola parentesi di felicità, ma la caratteristica delle parentesi è proprio questa: una apre e l’altra chiude.
Tornarono a vedersi in modo sregolare solo qualche mese più tardi.
Ai tempi Isabel già sospettava che Samir avesse ripreso a far uso di droghe, ma al continuò negare di lui finì per accantonarne il pensiero.
In quel periodo Samir non la trattava più nello stesso modo di prima, la guardava con noncuranza ed evitava ogni forma di contatto fisico con lei.
Quei periodi di estenuante frequentazione cominciarono ad alternarsi con altri in cui stavano lontani, senza alcun tipo di contatto.
Durante il distacco Isabel viveva tra lo sconforto di non stare con la persona che amava e la tranquillità di poter vivere senza sentire nell’aria l’odore di follia che si percepiva quando Samir era nei paraggi.
Samir si faceva vivo solo quando nella sua testa cominciava a farsi sentire l’idea che Isabel potesse andarsene per sempre.
Allora tornava da lei, decantando frasi di “Cime tempestose” che nel giro di poche ore la facevano ricadere ai suoi piedi.
“Tu sei me molto più di quanto non lo sia io, di qualunque cosa siano fatte le nostre anime la mia e la tua sono uguali”.
Dalla sera del loro primo bacio continuavano a ripeterselo.
Ventiquattro luglio 2022, era passato quasi un anno da quel giorno, eppure Isabel ne ricordava ogni particolare: lo aveva aspettato tutto il giorno e quando lui era tornato da lavoro, sporco di vernice dalla testa ai piedi e scalzo come suo solito gli era corsa incontro con in mano una lettera in cui gli ricordava che insieme sarebbero sopravvissuti a qualunque cosa.
Quella sera gli aveva aperto il suo cuore come non aveva mai fatto prima, con lui ogni sua fragilità venne a galla.
“Mostrarsi deboli non è concesso ai migliori”, le risuonavano in testa le parole di suo padre. Eppure con quel primo bacio timido e impacciato datogli quella sera, Samir le fece assaporare quella libertà che da sempre sognava ma che non le era mai stata concessa.
Ora, a distanza di un anno, a Isabel non sembrava possibile quanto successo.
“Quando compirai diciotto anni tutto tornerà come prima”.
Le aveva promesso solo questo.
A tenere in piedi Isabel ci pensavano gli psicofarmaci.
La Fluoxetina le toglieva i pensieri più autolesionistici, ma non poteva riportarle ciò che aveva perso.
Per Samir non andava meglio, senza di lei, l’unica medicina che gli rimaneva era la cocaina.
Non ci volle molto prima che l’intero paese venisse a sapere che aveva ricominciato a farne uso.
Quel giorno Isabel se ne stava sdraiata sul letto a fissare il vuoto, quando Giulia entrò in camera.
“Lo hanno preso mentre sniffava nel bagno del bar…”
Non servì dire il suo nome, era tutto chiaro; in quel preciso momento Isabel capì che aveva fallito, non lo aveva salvato.
Quel giorno non andò da lui, si alzò dal letto solo per chiudersi in bagno e sfogarsi nell’unico modo che conosceva.
Le lacrime le solcavano il viso e respirava affannosamente, solo quando le prime gocce di sangue le sporcarono i vestiti cominciò a calmarsi.
Prima di quel giorno, per un intero anno nessuna lama aveva più toccato la sua pelle.
Ma “prima” aveva Samir, ora cosa le rimaneva?
A poco più di diciassette anni si trovava ad aver buttato all’aria la sua vita.
Non aveva più sogni né obiettivi.
Da quella sera cominciò ad aumentare autonomamente le gocce di Xanax.
Per i quindici minuti successivi all'assunzione, il cuore le batteva forte e il corpo lo seguiva tremando da capo a piedi.
Poi all’improvviso si calmava.
In quel periodo le notti divennero per lei il momento più difficile.
Passava le ore rigirando tra le lenzuola in preda alle paranoie e quando finalmente riusciva ad addormentarsi incominciavano gli incubi.
Di giorno mangiava per colmare il vuoto, poi però correva in bagno a vomitare.
Nel tempo restante se ne stava nel letto, con le tapparelle abbassate a la luce spenta.
Era caduta in uno stato di totale depressione, non vedeva una via d’uscita.
Samir nel frattempo aveva perso totalmente il controllo.
Continuando a spendere in droga e alcol i pochi soldi che guadagnava, si ritrovò a non averne più per pagare l’affitto.
Dovette tornare a casa di sua madre.
Era il giorno del suo compleanno.
Isabel si presentò da lui solo per portargli il suo regalo, un album di ricordi, e per vedere per l'ultima volta quella casa in cui avevano passato insieme tanti momenti importanti. Nemmeno si sfiorarono: lui troppo fatto e lei sfinita.
Dopo quell’ultimo incontro con Samir, qualcosa dentro Isabel si era fermato.
Subito dopo essersi chiusa alle spalle la porta di casa di lui, si era appoggiata alla ringhiera del balcone, aveva sospirato un paio di volte e poi, senza guardarsi più indietro, se ne era andata.
Quel giorno prese la decisione di non pensare più a Samir, almeno per un po’.
Nel caso lui si fosse fatto vivo… beh, non sapeva cosa avrebbe fatto.
Non ci fu questo problema.
Samir sembrava sparito nel nulla e a riguardo giravano diverse teorie: c’era chi sosteneva che fosse in Veneto con una ragazza conosciuta in un night club; chi invece che fosse tornato in Francia dal suo migliore amico.
Qualunque fosse la verità, Isabel non voleva saperla.
Si svegliava alla mattina con l'angoscia per come sarebbero andate le cose e viveva la giornata mano nella mano con la paura di rimanere sola.
Se riusciva ad andare a dormire la sera senza piangere, non aveva nemmeno il tempo per gioire, perché consapevole del fatto che quel momento di equilibrio non sarebbe durato per sempre.
Nonostante tutto rimaneva convinta che quei momenti di fitte lancinanti al petto rappresentavano il dolore che le serviva per sentirsi viva, per rendersi conto che il passato non aveva spento ogni emozione che portava dentro.
Aveva bisogno di quell'amore malato, l'unico che avesse mai conosciuto, per ricordarsi che forse sarebbe stata sempre e solo quello, un'anima rotta senza un finale, proprio come i suoi amati Catherine e Heathcliff.