08.04.2025


Valentina Ciocca


VENTO DA NORD


Nell’estate dei miei tredici anni la mamma mi affidò alle cure della prozia Maria.

Dopo la fine della scuola i miei genitori mi spedirono in un paesino del sud per fare compagnia alla prozia e aiutarla nelle faccende di casa.

Non avevo mai visto il mare! Che spettacolo l’acqua limpida che lambiva la spiaggia e il calore della sabbia croccante sotto i piedi. Fu amore a prima vista.

Mia madre rimase con me un paio di giorni e poi tornò a casa dove, insieme a mio padre, gestiva l’azienda di famiglia.

La prozia si rivelò una compagnia piacevole, diceva che la mia vivacità era un soffio d’aria fresca per lei e scherzosamente mi chiamava vento da nord.

Le incombenze che dovevo sbrigare erano poche; pertanto, passavo molto tempo in riva al mare ad ascoltare il sussurro delle conchiglie. Proprio lì conobbi Addolorata, una ragazzina mia coetanea che col dolore non ci azzeccava niente. Al contrario, era un vulcano di simpatia, sempre sorridente.

Stingemmo subito amicizia e iniziai a trascorrere i pomeriggi con lei. Durante uno dei nostri vagabondaggi, Addi, come la chiamavo, decise che era giunto il momento di mostrarmi un posto speciale.

Mi condusse lungo un sentiero irregolare che attraversava un fitto boschetto di oleandri e cespugli di rosmarino. Abituato ai cattivi odori della città quei profumi sconosciuti mi parevano fragranze provenienti dal paradiso.

Persino il cibo vicino al mare acquisiva un sapore speciale, chissà, forse la salsedine rendeva più gustosi quei magnifici panini imbottiti che la zia si premurava sempre di infilarmi nello zaino e che niente avevano a che vedere con le michette smorte che mangiavo a casa.

‹‹Cos’è questo posto?››

Rimasi di stucco quando ci trovammo davanti a una imponente villa disabitata.

Non avevo mai visto nulla di simile, dove vivevo io le case erano tutte uguali, squadrate e incolore, quella che avevo davanti agli occhi era una meraviglia architettonica d’altri tempi. Solo un poeta o un mago poteva aver vissuto in un luogo così carico di fascino.

‹‹Questa costruzione una volta apparteneva alla mia famiglia, ma non potevamo più permetterci di mantenerla e ci siamo dovuti trasferire. Sai, il mio sogno sarebbe tornare qui, ma mio padre non guadagna abbastanza, così ora viviamo in un piccolo appartamento da cui non si vede nemmeno il mare. Queste buganvillee appartenevano a mia madre, finché loro fioriscono non perdo la speranza.››

Mentre osservavo estasiato il blu scintillante del mare che si confondeva con il cielo ebbi un’idea. Un’idea bizzarra.

‹‹Parlerò con i mei genitori, li ho sentiti spesso parlare di ampliare la loro attività al sud, magari potrebbero offrire un lavoro meglio retribuito a tuo padre e un giorno potrete tornare a vivere qui.››

Suggellammo il nostro patto nascondendo un bigliettino con i nostri nomi all’interno di un cofanetto che posizionammo sopra il vecchio camino di pietra.

Già la vedevo la maestosità rinnovata di quell’antica dimora, al posto dei muri scrostati e coperti di muschio riuscivo a visualizzare le pareti tinte di fresco e i lampadari sfarzosi illuminare Addi accoccolata nell’abbraccio vellutato del divano.

Mi lasciai andare alla fantasia, presi la mia amica per mano e iniziammo a ballare sulle note di un valzer immaginario facendo risuonare i nostri passi sul pavimento di marmo. A ogni movimento piccoli granelli di polvere danzavano con noi. Restammo fino al calar della sera, osservammo incantati il riflesso aranciato del sole che veniva inghiottito dalle onde del mare. In quel momento decisi, che a dispetto del suo nome, avrei reso felice quella fanciulla speciale e che il mio futuro sarebbe stato tra quelle mura.