25. ottobre, 2022
Scendere agli Inferi è facile: la porta di Dite è aperta notte e giorno; ma risalire i gradini e tornare a vedere il cielo, qui sta il difficile, qui la vera fatica.
Vrigilio, Eneide
Ognissanti, Halloween, Samhain sono alcuni dei nomi con cui conosciamo l’ultima notte di ottobre.
Sono molte le tradizioni e i miti legati a questo momento dell’anno ma tutti hanno punti comuni da cui possiamo trarre insegnamento.
Gli antichi Celti ad esempio, che erano influenzati principalmente dai cicli lunari e delle stelle con i quali segnavano lo scorrere dell'anno agricolo, facevano iniziare l’anno appunto con Samhain: la vigilia del mese di novembre che rappresentava quindi l'inizio del nuovo anno, con il momento dell'ultimo raccolto agricolo e la preparazione del terreno all’inverno.
Questo momento ci ricorda che dobbiamo collegarci alle ombre, scendere nei nostri inferi personali in un luogo non di dolore o tormento ma di raccoglimento, di riposo dalle fatiche sociali, di introspezione e di pensiero.
Nella dimensione circolare-ciclica del tempo, caratteristica della cultura celtica, Samhain si trova in un punto fuori dalla dimensione temporale che non appartiene ne all'anno vecchio e neppure al nuovo; in quel momento, il velo che divide la terra dei vivi con quella dei morti si assottiglia, e i due regni possono comunicare. Anche il mito di Persefone, obbligata a scendere negli inferi per molti mesi contro la sua volontà, ci riporta a questo tema di unione con il regno spirituale legato all’aldilà, a ciò che non si conosce, all’ombra e alla morte e alla transizione. E arriviamo infine alla tradizione cristiana che colloca anch’essa in questo periodo la celebrazione dei santi, e dei morti. Da un punto di vista prettamente simbolico questo momento rappresenta il passaggio dalla luce estiva al buio dell’inverno, alla discesa nei grigiori, nei silenzi e nelle sale vuote che passando per l’autunno ci accompagnano alla stagione più fredda.L’autunno, rappresenta in questo senso un limbo associato a un clima interiore di malinconia e tristezza; sentimenti che socialmente, sono ormai rivestiti diconnotazioni negative e che, sempre troppo celermente ci affanniamo a nascondere. Gli antichi popoli, invece ci insegnano a celebrarli, perché erano profondamente consapevoli del fatto che ogni esperienza, se vissuta nel modo giusto, ci permette di crescere in comunione con il nostro corpo e con i cicli naturali ai quali siamo legati, ma dai quali a volte ci disconnettiamo.
Le nostre ombre vanno accolte, osservate e invitate a sedere al nostro tavolo perché, se ascoltate, ci racconteranno storie meravigliose, storie che ci appartengono.
Il buio non è sempre negativo perché è nell’oscurità e nel riposo che il seme può dare la pianta. E così quando arriva questo periodo dobbiamo essere semi, riposare la mente, capire chi siamo e chi saremo quando sbocceremo.
Usiamo questo periodo per leggerci dentro, risolverci, ascoltarci, unirci ai sentimenti più nascosti e profondi, sondiamo la nostra creatività e spiritualità, andiamo alla scoperta dell’inconscio,riuniamoci alle ombre e alle radici della nostra psiche per sbocciare con nuova energia in primavera.
Il mito di Persefone ci invita ad esplorare gli antri bui dell’Ade dove possiamo diventare consapevoli e padroni delle paure, dei contenuti ombra e trovare qualcosa di costruttivo nelle nostre oscurità. Ma non solo, là sotto, in profondità ci sono le radici e l’eredità degli antenati che, ci accingiamo a celebrare.
Concludo citando la Brontë che, con le parole di Jane Eyre, ci ricorda che “le ombre non sono meno importanti della luce”